Folla al funerale di Cecilia De Astis, la sorella: “Vittima del fallimento della società”

Circa duecento persone si sono ritrovate nella Chiesa di San Barnaba al Gratosoglio per l’ultimo saluto a Cecilia De Astis, la 71enne travolta da un’auto rubata e guidata da quattro ragazzini rom. La bara è arrivata in chiesa sormontata da una composizione di fiori bianchi e magenta e gerbere gialle.
Presenti i figli, le sorelle, gli altri familiari e tanti conoscenti della vittima. “Non è una morte casuale, poteva benissimo essere evitata – afferma il figlio Filippo Di Terlizzi, arrivato ai funerali portando un’orchidea – Cerchiamo di fare qualcosa come Paese, dobbiamo prevenire questi eventi traumatici. Ci vuole maggiore controllo del territorio”. A investire e uccidere sua madre, aggiunge, sono stati “dei bambini, non avevano neanche 14 anni. Non possiamo mettere sulle loro spalle tutte la responsabilità del gesto”.
Più duro il fratello Gaetano Di Terlizzi, che guarda non solo ai ragazzini, ma anche alle loro famiglie. “A 12 anni un minimo di coscienza la devi avere. Devi sapere cosa è giusto e sbagliato, cosa è male e cosa è bene – afferma l’uomo – Posso capire che sono bambini, va bene, però dietro ai bambini c’è sempre...” la famiglia. “Forse – aggiunge – anche la legge trova qualcosa, ma il divino sistema tutto”.
Lina De Astis ricorda gli anni vissuti con la sorella: “Insieme abbiamo condiviso grandi dispiaceri ma anche momenti belli che ci aiuteranno a sopportare un dolore misto a rabbia per il fallimento del sistema della società di cui sei stata vittima”.
Ad officiare la cerimonia il parroco don Paolo Steffano e il vicario don Davide Berocchi. Alla fine della funzione il sacerdote a citato Fabrizio De André, richiamando la canzone Via del campo. “Dai diamanti non nasce niente, e sappiamo come va avanti, dal letame nascono i fiori e noi qui a Gratosoglio sicuramente non abbiamo diamanti. Ma abbiamo molti fiori, non dimentichiamoli. E se non li vediamo andiamo a cercarli. Non servono gli scatti di rabbia”.
Quindi il ringraziamento ai figli della donna, “che pur avendo il cuore gonfio non vi siete lasciati prendere, come tanti altri. Certo, un po' di indignazione ce l'abbiamo tutti e non può non esserci. Ma non serve la rabbia. Sicuramente non servono i discorsi, i proclami, né lo scaricabarile. È sempre colpa di un altro, di un'altra istituzione – aggiunge il sacerdote – Non servono neppure i documenti sulle periferie, nemmeno quelli sulla convivenza pacifica. Servono fatti concreti. Sempre De André dice così: prima pagina, venti notizie, ventuno ingiustizie, lo Stato che fa, si costerna, si indigna, si impegna, poi getta la spugna con gran dignità”.
Don Steffano ha poi richiamato le parole dell’arcivescovo, auspicando “uomini e donne dal fuoco dentro, concreti, che abitano e vivono la nostra realtà, non che parlano e ne approfittano per tirare dalla propria parte chissà quale idea. Persone che però non stanno in silenzio, che agiscono nel concreto e quando cercano di farci tacere, come dice Gesù su Gerusalemme, grideranno le pietre”.
Il parroco ha quindi rivolto un appello a istituzioni e privati a “investire con continuità sulla povertà educativa, sulla scuola, sulle associazioni sportive, le cooperative di quartiere, sulle parrocchie”. Per poi concludere affidato a Cecilia “le nostre speranze. Ti chiedo da lassù di benedire i tuoi figli, ma anche il nostro quartiere, che hai sempre amato. Filippo e Gaetano, insieme a noi, travolti dal male, chiediamo a Cecilia di essere travolti da piccoli segni di speranza”.
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